• image0 Alla scoperta di territori ...
  • image1 ... custodi della memoria del passato ...
  • image2 ... attraverso culture e tradizioni ...
  • image3 ... tramandate nel tempo ...
  • image4 ... dove si custodisce la memoria antica ...
  • image5 ... e si respira ancora la Storia.

La storia agricola ed alimentare nel basso medioevo del Salento

L’agricoltura e l'alimentazione nel Salento con i Normanni

E’ con la dominazione normanna con cui si apre il basso medioevo del Salento,  durante il regno di  Tancredi, che i lavori e la bonifica riprendono vigore ed alacrità nelle campagne del Salento, ripopolandosi e dando frutti abbondanti, per una vita resa vivace da negozianti e banchieri, protagonisti d’affari con Venezia e l’Oriente.
 
Certamente il ripopolamento delle campagne salentine verso l’interno e lontano dalla costa fu dovuto anche all’impaludamento, causato dall’elevamento della temperatura e dal conseguente innalzamento del livello del mare, intorno all’800 ed 1200; tale fenomeno è testimoniato dalle paludi dell’Aquatina, presso Frigole (Lecce), ormai prosciugate, e dai Laghi Alimini presso Otranto, ancora oggetto oggi di ammirazione essendo  zona di particolare interesse naturalistico.

E’ certo che fino al XII secolo hanno predominato la macchia e l’incolto in cui erano immersi i "Casali", i cui villani si prodigarono con il loro lavoro indefesso a rendere fertili, e si tratta di nuclei familiari limitati tra due e ottanta famiglie, che popolarono vaste zone del Salento, procurando cibo sé, per il monastero da cui dipendevano ed anche per il conte, superando la struttura feudale e fiscale del "chorion" bizantino.

Il periodo è caratterizzato dalla produzione tradizionale: vino, olio, frumento, legumi, ortaggi, ma anche dalla caccia, dalla pesca, dal pascolo, anzi le attività di caccia, pesca e pascolo sembrano prevalenti per l’estensione delle zone forestali, delle paludi e dell’incolto.

L'agricoltura e l'alimentazione nel Salento con gli Svevi

Con gli Svevi, e soprattutto con Federico II l’economia salentina  risente di un certo declino a causa di un atteggiamento di trascuratezza da parte dell’Imperatore rispetto a Brindisi e a Taranto, che vivevano una vita economica ordinaria, ma non solo per essere civiltà di mare, ma per l’impegno e l’operosità degli ebrei presenti.

E’ tra il XII ed il XIII secolo, in realtà, che nel Salento si svilupparono i "Casali" e ciò porto all’affermarsi di un tipo di coltivazione misto tra apprezzamenti  ampi ed estesi e zone di nuova coltivazione, strappate all’incolto, alla boscaglia, alle paludi. Si coltivano cereali, compresi l’orzo ed avena, vigneti, disposti a recinti, uliveti di vario tipo e, persino, piante tessili, compreso il lino, specialmente in prossimità delle paludi. Alberi da frutta e di agrumi vengono coltivati in appezzamenti signorili, i famosi giardini, “sciardini” o “iardini”, e negli orti, “ortali “ o “uerti” e non mancano gli ortaggi. Sul litorale si estendeva, per ampi e lunghi spazi, la foresta di alto fusto, la selva ed i boschi di querce, dalla costa Otrantina a Tricase, a Sant’Isidoro, a Cerano, zone di malaria, ma anche di caccia al grifone, gru, pellicani, pavoncelli, oche selvatiche, cicogne ed altri ormai rari animali, annotati nel "De arte venandi cum avibus" delle stesso Federico II.         

In questi ambienti s’insediarono i monasteri, dal Mille in poi, dando il loro contributo, specie i Benedettini, alla fede ed al lavoro.

L’agricoltura e l'alimentazione nel Salento con gli Angioini

La stabilità e la sedentarietà delle popolazioni agricole salentine venne meno  nel periodo della dominazione Angioina a causa delle continue attività belliche e dell’incremento di epidemie, dovute a zone paludose e malsane, che decimavano le popolazioni, senza trascurare la tante ordinanze di emigrazione per intere famiglie al fine di far ripopolare ed organizzare attività agricole  e commerciali in zone interessate ai traffici marittimi, ma tutto ciò ha accentuato carattere di instabilità e di precariato che giustifica lo sviluppo di povertà, di vagabondaggio, del movimento di pellegrini, incentivato dalle continue ed elevate tasse che colpivano categorie produttive  assillate da dazi.

Basti ricordare i documenti del 1327 del “Libro Rosso di Gallipoli” e quello del 1395, approntato dall’Università di Lecce, per l’approvazione  della regina Giovanna I.
Dei documenti citati va annotato l’elenco dei generi alimentari colpiti da dazi e tassazione: miele, pollame, diversi animali, erbe commestibili, carne di pecora, di capra, di vacca, di giumenta di scrofa, sale, pesce, legumi, ed altri prodotti alimentari che testimoniano il regime alimentare delle popolazioni del Salento, accentuatamente mediterraneo, agricolo, immutato nel corso dei secoli.