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L'ospitalità

Il mangiare e il bere scandiscono anche i momenti lieti della vita e come nell’antichità, sottendono un buon rapporto di amicizia, evidenziano famigliarità, cordialità e legami sinceri e profondi.

"Se ti affligge la triste cena domestica puoi sempre venire a morire di fame con me!!!"(Marziale)

La cucina salentina affonda le sue origini nell'antica civiltà contadina. Una civiltà che traeva origine dalla tradizione in cui dire "abbiamo mangiato nello stesso piatto" stava ad indicare che siamo molto amici, mentre  dire "Che! abbiamo mangiato nello stesso piatto?" lo si usava quando si voleva mantenere un certo distacco da una persona invadente.

È soprattutto umile e povera, ma ricca di sapori. Un tempo, la gente povera, non avendo abbastanza denaro per sfamare la famiglia, utilizzava tutto ciò che aveva a disposizione e da questa necessità nasce la tradizione di piatti semplici, ma corposi: l'olio d'oliva ne è l'ingrediente irrinunciabile.

Il relativo isolamento geografico del Salento ha potuto mantenere gli usi e i costumi gastronomici antichi anche se spesso ha subito l’influenza dei popoli che lo hanno occupato.

Con le ricorrenti invasioni dei popoli provenienti dal mare, la nostra cucina è stata arricchita di nuovi e vari sapori: infatti, molti cibi della tradizione culinaria salentina sono di origine araba, greca, spagnola. Il piatto denominato "ciceri e tria" (ceci conditi con pasta fritta), per esempio, ha origini arabe; la parola "tria" deriva dall'arabo e significa "lasagna". Così pure arabi sono "la cupeta" (torrone al miele) e i dolci di pasta di mandorla.

La cucina tradizionale salentina è comunque cucina contadina, ricca di fantasia, ma povera di ingredienti, preparata con ciò che produce la terra: dalle erbe spontanee cotte in mille modi, ai legumi, pasto dei poveri che "ntosta" le ossa e che, dai  pescatori venivano cucinati, per risparmiare, nella pignata accanto al fuoco preparato per tingere nelle grandi caldaie le reti, vicino al mare.

Si racconta che la "scapece", pietanza preparata con "manuscia" (pesci piccolissimi) bollita in acqua e sale ed insaporita con aceto e zafferano, fosse il piatto preferito da Federico II di Svevia, ed ancora, che le "frise" (ciambelle di pane biscottate, condite con olio, sale, pomodoro fresco e rughetta) fossero state introdotte in loco da Enea, quando sbarcò a Porto Badisco.